Una storia curiosa, fatta di nomi difficili da pronunciare e imprese eroiche, ci arriva dalla Polonia, portandoci indietro nel tempo e raccontandoci di una connessione vittoriosa tra Stelio Belletti e la Federazione Ciclistica Polacca.
Siamo all’inizio del 1975 e Stelio Belletti ha da nemmeno due anni iniziato ufficialmente l’attività di telaista per bici con il marchio Stelbel nella sua officina di Rodano, alle porte di Milano. Il metodo di realizzazione dei telai con saldature a TIG incuriosisce e, benché alcuni siano ancora scettici sulla scelta di fare biciclette senza congiunzioni, le sue creazioni sono ammirate da appassionati e professionisti che ne apprezzano leggerezza, rigidità e affidabilità, qualità ideali anche in ambito agonistico. Ma è roba da esegeti del ciclismo: la produzione è ancora – e sempre rimarrà – raffinata, curata e anche centellinata.
Nello stesso momento, ma a mille chilometri di distanza, la Federazione Ciclistica Polacca sta cercando un produttore di telai. Nella stagione 1974 la squadra ha utilizzato i leggeri telai in alluminio Alan, ma la Federazione non è contenta dello sponsor WAJA (rivenditore tedesco delle bici Alan) e non ritiene questa collaborazione ideale per i propri corridori.
Il presidente della Federazione Ciclistica Polacca Włodzimierz Gołębiewski e il vice-presidente Henryk Ròźycki convocano il meccanico della federazione, Osvaldo Cazzaniga (originario di Gorgonzola e in seguito fondatore in seguito del marchio OSCA), chiedendogli di trovare i migliori telai del mondo.
Cazzaniga raccoglie la sfida, si mette al volante della sua mastodontica station wagon e punta dritto in Italia, arrivando a bussare alla porta dell’officina Stelbel: “Stelio, mi dicono che i tuoi telai siano una cannonata! Vorrei commissionartene una serie per i miei corridori: puntiamo al Mondiale, in Belgio”.
Bisogna ricordare che, in quei giorni gloriosi, le gare in linea sono appannaggio dei vari belgi Merckx, Maertens, De Vlaeminck, che a casa loro vogliono fare bella figura. Ma la cronometro a squadre è appannaggio delle compagini che arrivano dall’est Europa e “tirano” come treni: Unione Sovietica, Germania dell’Est, Cecoslovacchia e Polonia, appunto.
Belletti, d’indole pacata, ci pensa un po’: la sua azienda sta muovendo i primi passi, il tempo è poco e il rischio è grosso. Ma – che diamine! – non si è mai tirato indietro davanti alle sfide. Conscio della sua abilità e ispirato dal ritorno mediatico che un evento del genere può portare a Stelbel, accetta e si mette subito al lavoro, realizzando in brevissimo tempo i telai richiesti.
Si arriva così al 27 agosto 1975. Nella cittadina di Yvoir (che insieme a Mettet ospita la competizione), i corridori Tadeusz Mytnik, Mieczysław Nowicki, Ryszard Szurkowski e Stanislas Szozda sono schierati alla partenza su biciclette Stelbel, pronti per la Cronometro a squadre.
Le loro modello Integrale bianche e rosse, con forcella autocostruita e forcellini saldati direttamente sui posteriori orizzontali, spiccano tra una miriade di altre bici e attirano gli sguardi di tifosi e avversari. Davanti a loro ci sono 100 km di percorso su strade che si dipanano in mezzo alla campagna, tra campi coltivati e dolci declivi.
Stelio è orgoglioso, ma anche un po’ preoccupato: Cazzaniga è arrivato in Belgio con i telai caricati nel portabagagli della sua station wagon la sera prima della partenza e ha assemblato le bici per i corridori durante la notte.
Non c’è stato tanto tempo per effettuare test approfonditi; come si comporteranno i telai Stelbel in una cronometro a tutta birra? Sicuramente la media sarà elevata e i componenti – trasmissione e ruote soprattutto – saranno stressati. Ma ormai non c’è tempo per pensare. Pronti, partenza… via!
replica Rolex
Il gruppo parte compatto sotto il sole dell’estate vallona, tra due ali di pubblico acclamante. Nel mirino dei polacchi c’è la “Grande Mamma”, l’Unione Sovietica, la squadra da battere. I telai Stelbel, rispetto a quelli utilizzati precedentemente, sono estremamente rigidi e veloci, efficacissimi in una cronometro come quella.
“E’ stato un battito di ciglia – ricorda Mieczysław Nowicki – A un certo punto a Staszek Szozda si ruppe un raggio della ruota.
Fortunatamente, grazie all’esperienza acquisita in velodromo, i raggi erano stati legati e saldati. Non gli dava molto fastidio, ma si sentiva un po’ a disagio e avrebbe voluto fermarsi per sostituirla. Ma stavamo correndo sul filo del rasoio e ricordo che il mio rimprovero fu duro perché non c’era tempo da perdere. In realtà gli ho urlato contro: ‘Continua a pedalare!’ E così arrivammo al traguardo, senza ulteriori problemi”.
La scelta di non effettuare il cambio ruota è provvidenziale: la squadra Polacca ferma il cronometro con un vantaggio di 5Ste,5 secondi sull’Unione Sovietica. Un soffio.
Campioni del Mondo!
Il bianco e il rosso della bandiera polacca garriscono al vento, più in alto di tutti; la medaglia d’oro sfavilla al collo dei quattro alfieri arrivati da dietro la cortina di ferro, per portare la Stelbel sul gradino più alto del podio.
I telai Stelbel furono utilizzati anche durante tutta la stagione 1976, anno in cui la squadra Polacca – sempre composta da Tadeusz Mytnik, Mieczysław Nowicki, Stanisław Szozda e Ryszard Szurkowski – vinse la medaglia d’argento ai Giochi Olimpici di Montreal, in Canada. Ma questa è un’altra storia…
Irek Ròźycki, figlio di quello stesso Henryk Ròźycki che nel 1975 incaricò Cazzaniga di trovare i migliori telai esistenti, ha realizzato un museo dove è conservata una delle biciclette utilizzate dalla squadra polacca nella Cronometro in Belgio nel 1975.
Il telaio bianco, con semplici fasce rosse sui tubi obliquo e verticale, oltre a un piccolo logo sul tubo sterzo, sono equipaggiate con la miglior componentistica Campagnolo dell’epoca: gruppo Record con dettagli alleggeriti e forati.
L’esemplare è restaurato; in origine montava una catena alleggerita Everest e le ruote utilizzavano mozzi a flangia alta e cerchi in alluminio Sheereen.